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domenica 23 febbraio 2014

Ooga Chuka ai Guardiani della Galassia

Credevo di aver avuto le allucinazioni e invece un paio di altri blog me lo confermano.

La storia, oggi, è semplicissima.

Finalmente sono riuscita a vedermi il trailer de I Guardiani della Galassia, il nuovo film della Marvel (già che c'ero, finché la chiavetta ha retto -cioè 10 minuti- mi son scaricata pure quello di Capitan America-Soldato d'Inverno -Natasha continua a non piacermi con quei capelli piastrati che sembrano usciti dal parrucchiere... ma ha un suo perché- e di X-Men: giorni di un passato futuro -stranamente non mi mostrano né Rogue, che è stata tagliata, né Quickie... vogliono che mi venga l'infarto in un colpo solo, tanto l'hanno reso cesso-. Volevo vedermi anche diversi video di Honest Trailer ma... nulla, è caduta la linea e riconnettersi è impossibile. Quanto darei per avere una connessione decente! PS: questo è il motivo per cui il mio profilo è vuoto: google+ è tremendamente pesante e la mia povera 56k con cui faccio tutto il resto non ce la fa...).

Da sinistra a destra: Gamora, Star Lord, Rocket Racoon, Drax, Groot.

A parte:
-gasarmi come una bimba quando compare Rocket Racoon (♥), 
-restare piacevolmente sorpresa dal fatto che abbiano lasciato Gamora con la pelle verde (e non abbiano tentato di renderla credibile...cioè, perché no? Star Wars è pieno di donne blu e arancioni, con corna pendule e nessuno le trova fuori luogo...)
-apprezzare che abbiano fatto Drax brutto e cattivo 
-sdilinquirmi per Groot che... oh, amore anche lui (♥) 
-restare perplessa per Quill, smargiasso fuori maniera (non mi sembra molto in linea con l'originale), ma accettarlo subito perché, in fondo, ci sta...
Insomma, oltre a restare estasiata da tutte queste cose... sono rimasta impietrita dalla musichetta in sottofondo.

Se anche voi pensate di aver vissuto un déjà vu, non crediate di essere impazziti di colpo e di essere gli unici. -Dopo Blue degli Eiffel 65 in IM3 non dovete più stupirvi di nulla!-


Il jingle Ooga Chuka mi sembrva un pò troppo familiare, per un attimo ho pensato di averlo confuso con la famosa danza maori... invece, la prima impressione è sempre quella giusta!
Hooked on a Feeling nasce nel '68 e conosce un immediato successo, rivisitata nel '71 e nel '74 (ogni 3 anni, in pratica).


Siamo a inizio anni '90 quando viene inserita nella colonna sonora del film Le Iene.
Siamo a fine secolo quando la stessa viene inserita nella serial di Ally McBeal (
prima serie, dodicesimo episodio) in occasione delle allucinazioni Dancing baby della protagonista ed è con questo marmocchio in pannolino che diventa estremamente popolare.

Ora non so se aspettarmi qualche sorpresa anche dal film di Capitan America-Soldato d'Inverno...

Il costume dello scandalo - The costume of the scandal

Ieri sera davano Harry Potter in TV. Non l'ho guardato, c'ho il cofanetto e dovevo vedermi i miei serial sul 2. Però è da questo che nasce il post (oltre che la vana speranza che gli studenti con cui ho avuto a che fare di recente se lo siano guardato per curiosità personale dopo che gliene avevo parlato a lezione...esempio più terra terra non potevo fare...ma non solo non hanno letto...non hanno manco mai visto un film di cui si è parlato per anni-anche perché è una saga! Che depressione...)
Più precisamente, parliamo di HP e i doni della morte – 1.
Mi è tornata in mente la grande polemica che ci fu a suo tempo perché Fleur Delacour, per il matrimonio, indossava un vestito che era il rifacimento/adattamento di un abito iconico di Alexander McQueen (e non Mc Quinn come ho visto su qualche giornale!).
La polemica nasceva dal fatto che lo stilista non fosse stato citato tra i costumisti.
Yesterday evening there was Harry Potter on TV. I didn't watch it because I've all the DVDs and I have to watch my other serials on another channel. But it's from here that comes this post (besides the vane hope that the student I recently met watched it just for curiosity, after the lesson I took in which I use it as the most simple example.. but they don't know what it is, they never watched one of this movies -a saga that takes a lot of years- nor -of course- read a book... I feel so depress...)
To be precise, I'm talking about HP and the Deathly Hallows – part 1.
The great discussion that there was at that time about the Fleur Delacour's wedding gown that was the remake of an iconic dress of Alexander McQueen, came back to my mind. The discussion came from the fact that the designer wasn't quoted in the credits, as a costumist.
I pavoni dell'abito d'alta moda diventavano due fenici. Per il resto il pizzo nero è lo stesso e sembra esser stato allungato per simulare meglio un abito da sposa (ma son pochi fotogrammi: non è facile capire). O è stato riprodotto fedelmente o è stato comprato e adattato. L'abito è della collezione autunno-inverno del 2008. Il film uscì nel 2010. I tempi coincidono. 

The peacocks on the haute couture dress become two phoenixes. For the rest, the black lace is the same and the dress seems to be lengthened to simulate a weeding gown (but they are just few frames and it's not so easy to understand). So there are two solutions: it was perfectly copied or it was bought and adapted. The dress comes from the 2008's fall-winter collection. The film was in the cinema in 2010. The time table is respected.
 
Mi domandavo-già allora- perché tanto scandalo. 
A parte casi di collaborazioni famose quanto uniche (Jean-Paul Gaultier per Il Quinto Elemento), in cui lo stilista era anche il costumista, normalmente i ruoli sono ben distinti.
Il massimo della mescolanza si può avere quando uno stilista veste il personaggio principale di un film.
E' il caso di Armani che vestì Richard Gere in American Gigolò coordinato da Alice Rush, o il più classico Givenchy che aveva un sodalizio unico con Audrey Hepburn.

Yet at that time I asked to myself the reason of the scandal.
Except for the famous as unique cooperations (Jean-Paul Gaultier for The Fifth Element), in which the fashion designer was also the costume designer, usually the roles are well distinct.
The top of the mix is when the fashion designer clothes the main character of the movie. Is this the case of Armani who attire Richard Gere in American Gigolò, guided by Alice Rush, or the most classical Givenchy who had an exclusive partnership with Audrey Hepburn.
Tanto per rimanere nel tema del passaggio di un dettaglio troviamo Milla Jovovich a sinistra, nei panni di Leeloo, ne Il quinto elemento, mentre a destra abbiamo Rihanna agli American Music Awards di un paio d'anni fa con un abito/costume sempre di Jean-Paul Gaultier: il designer ha chiaramente ripreso il suo costume iconico del 1997 e lo ha rivisitato nel 2009.
Just to stay on the theme of how a detail moves through time and space, here is Milla Jovovich (on the left) as Leeloo of The Fifth Element, while on the right is Rihanna at the American Music Awards -a couple of years ago- with a Jean-Paul Gaultier's dress/costume too: the designer explicitly recalled his own iconic costume -1997- and adapted it to 2009.
Diverse sono, invece, le collaborazioni in cui un designer si presta nella creazione di qualche capo. Un paio di esempi: 

Others are, instead, the partnerships in which a fashion designer/brand lends himself to create some dresses. A couple of examples:
 
-Rodarte per il Cigno Nero
Diversamente da HP, le due sorelle Mulleavy furono citate nei credits ma la polemica che nacque poco più tardi riguardava l'opportunità delle due di candidatura per il BAFTA -British Academy of Film and Television Arts-, attribuito giustamente -capirete dopo perché la penso così- alla sola costumista: le due, infatti, non fanno parte, tra l'altro, del CDG -Costume Designers Guild- e, per farne parte, uno dei requisiti è di avere il proprio nome nei crediti di almeno almeno 3 film -mi pare-. (Ma è un altro il motivo per cui mi trovo d'accordo con la scelta della BAFTA.. leggete e capirete). Certo dispiace perché sono state brave, ma si tratta di una questione tecnica (non di volerle estromettere) e se ci sono delle regole per la partecipazione, trovo inutile recriminare e le male lingue vogliono che fosse solo una mossa pubblicitaria.
A proposito di tempistiche. Come dicevo sopra, da McQueen a HP... osservate in questo blog come è ben evidenziato il fatto che il film abbia ispirato diversi designer. Contemporaneamente. O non uscivano prodotti con la medesima ispirazione nello stesso momento. E l'ispirazione cadeva, giusta giusta, 3 anni prima.
-Rodarte and Black Swan.
Differently from HP, the two sisters Mulleavy were quoted in the credits but the discussion that came a little bit later was about the opportunity for them to be candidate for the BAFTA-British Academy of Film and Television Arts-, opportunity that was rightly given (you will understand late why I say this) just to the Costumist: the two, instead, weren't neither members of the CDG (Costume Designers Guild) and to be part of it, if I well remember, you have to appear in the credits of at least 3 movies. But is another the reason why I agree with the decision of the BAFTA, just wait a couple of line...
Of course everybody regret for it because they were really extraordinary, but is a technical question (nobody want to proscribe anybody) and if there are some rules for the participation, I think that is useless to complain about it and the scandalmongers want it was just an advertisement move.
About timetables. As I said, from McQueen to HP. Look in this blog how it is well highlight the fact that the movie has inspired different designers.
Simultaneously. Otherwise there were no reason to have products with the same inspiration in the same moment. And the inspiration came precisely three years before.
Nel marzo 2011 è stata inaugurata l'esposizione Rodarte: States Of Matter presso il MOCA Pacific Design Center di Los Angeles in cui erano esposti anche i costumi del Cigno Nero.
In March 2011 the exhibition Rodarte: States of Matter was inaugurated at the MOCA Pacific Design Center of Los Angeles, where ere exposed also the costumes from Black Swan.
-Miuccia Prada per Appleseed (il secondo manga più famoso di Masamune Shirow dopo il successivo-cronologicamente- Ghost in the Shell), la quale non compare nei credits nemmeno nell' IMDb -Internet Movie Database. E non mi pare abbia mosso causa a nessuno. Per altro... in tema di rimandi, Briareos Hecatonchires, come molti altri manga-robot, è stato spesso riciclato anche dagli americani a livello di design. Sicuramente lo incrociate in Wolverine e gli X-Men: Alpha e Omega.

- Miuccia Prada for Appleseed (the second most famous manga of Masamune Shirow, after the following -chronologically- Ghost in the Shell), who never appear in the credits, nor in the IMDb -Internet Movie Database-. And I read no rumours about any case.
Talking about cross-references, Briareos Hecatonchires, as many other manga-robots, was often used also by americans in the comics for his/its design. For sure you can find it in Wolverine and the X-Men: Alpha and Omega.
 
In ogni caso, il fashion designer è monitorato a vista dal costumista che decide, insieme al regista, ai produttori, agli attori e -ovviamente- in armonia (o in voluto contrasto) con le scenografie.
Anche perché il costumista non si limita a decidere cosa deve vestire un personaggio ma concorda cosa debba vestire anche come biancheria intima, decide gli accessori (dai gioielli alle scarpe, dalle borse ai guanti alla sciarpa), il trucco e il parrucco (compito specifico di truccatori e parrucchieri che comunque dicono la loro) che, spesso più dell'abito, determinano il personaggio.
Il costumista, oltre ad avere la visione d'insieme di come dev'essere la storia e di quali attori compaiano in determinate scene, ancora più importante, deve conoscere perfettamente i personaggi principali, cosa e come debba trasparire del carattere e del vissuto tramite le singole scelte (fin nei dettagli). Può capitare che la scena in cui un personaggio entra in un determinato ambiente abbia il set esterno in una città e il set degli interni in una all'altro capo del mondo. Non è che si molla baracca e burattini, si vola -tutta la troupe- in capo al mondo, si filma, si torna indietro, si gira e si parte per nuova destinazione: tutte le scene di Berlino si fanno a in un colpo unico e poi ci si sposta a Bogotà una volta sola.
In any case, the fashion designer is followed by the costume designer who decides, with the director, producers, actors and, obviously, in harmony (or in intentionally against them) with the sets: the costumist doesn't decide only how to clothe a character but he/she decides also what underwear, accessories (from jewels to shoes, from bags to scarfs and gloves), the make-up and the hairstyle (specific task of make-up artists and hairdressers, who also participate to the discussion) the character has to wear, often aspects more important to create the character then the single dress.
The costumist, besides having the overall view of how the story has to be and who appears in which scene, more important than all of this, has to perfectly know the main characters, what and in which way his/her nature/history has to be revealed by every choice (in the detail). It could be that a scene in which a character get in a room has the external set in a city and the interior set in another one. The troupe cannot move all together any time, from a part of the world to another: they shoot all they have to shoot in the first place, move to the second place and shoot all they have to shoot in the second place and so on: first Berlin, than Bogotà, than Kyoto...
Nei magazzini Angels, a Londra, i più grandi al mondo, sono conservati più di 6.000.000 (sei milioni) di capi.
Più accessori di vario tipo.
Altri magazzini sono quelli degli studios e quelli di costumisti e attori che, nel corso degli anni, hanno salvato diversi pezzi storici dal macero durante le aste (talvolta rubandoli proprio alla fine delle riprese).

In the Angels warehouse, in London, the biggest in the world, are recovered more than 6,000,000 (six milions) of clothes. Several accessories of all kinds to add.
Other stocks are the studios, the costumists and the actors' ones. These last two categories, through the years, saved several historical pieces from destruction during the auction (sometimes stealing them immediately after the end of the shoots).
Ha, quindi, il compito di preparare un numero adeguato di capi per rispondere alle diverse esigenze:
- identici in base alle diverse scene, in modo da avere sempre un completo pulito pronto all'uso,
- identici a quello di base ma con i dovuti segni di sporcizia/usura/macchie/strappi etc... ovviamente organizzati in ordine cronologico. Anche in questo caso deve pensare sempre a un cambio perché, strappati o sporcati di proposito, i capi devono comunque essere puliti dopo una giornata di riprese.
- outfit (quindi anche le parrucche) simili/identici agli originali (sopra... quindi un numero adeguato di capi integri come di capi usurati e in numero sufficiente per far sì di averne sempre uno pulito pronto all'uso) per gli stuntman,
- vestire tutte le comparse (mica si vestono con le cose di casa! Sono pochi i casi in cui un attore tiene qualcosa di suo. Vedi Robert D.J. con i suoi Von Zipper a scacchi rossi e neri in Iron Man 2).
So, he/she has the task to prepare a suitable number of dresses to face different needs:
-twin dresses, to have always a clean outfit ready for another shoot
-dresses identical to the basic one but with the right marks of dirt/wear/stains/tears etc.. of course organized in chronological order. Also in this case there's the need to have a second identical dress (with the same scratches and marks) because the outfit has to be clean after a day of shoots.
-outifts (including the wig) similar/identical to the originals (again, a suitable number of the clean-basic ones and the expressly-dirty ones) for the stunts,
- cloths for all the background actors (they don't wear what they have in their own wardrobe! The example in which an actor can wear something from is rare. Look at Robert D.J. with his black and red checked Von Zipper sunglasses in Iron Man 2)
 
Uno stilista, abituato a tutt'altro genere di scaletta, non può seguire di punto in bianco, tutto questo processo (e nel contempo, magari, continuare a produrre con la sua linea). Collabora.
Poi rimane il suo nome (vedi il caso del Cigno Nero) e quello del costumista, già figura inspiegabilmente invisibile, scompare del tutto.
Tanto per spiegare, ancora, il lavoro del costumista in due parole, c'è da specificare che per vestire tutto il cast, si opera in 3 modi diversi:
- i capi vengono confezionati appositamente. Questo vale per i personaggi principali e sicuramente per i film i cui capi sono molto particolari (film supereroistici, fantascientifici, fantasy o in costume), per l'ovvio motivo che -purtroppo- certe cose non si trovano in negozio,
- i capi vengono comprati per rendere il film il più attuale possibile e rispecchiare la realtà odierna (e non quella di 10 anni fa). E, tra i teorici, c'è chi dice che la moda è già sorpassata quando arriva in negozio, visto che la consumiamo con gli occhi nel passaggio da sfilata(inverno anno x)-magazine-vetrina (inverno anno x+1). Ancor prima, ci sono un paio d'anni di lavorazione da quando è partorita dalla testa del designer alla sua effettiva realizzazione,
- i capi vengono adattati da precedenti. Ci sono, sparsi per il mondo, magazzini pieni zeppi di costumi pronti a essere adattati, allargati/ristretti, allungati/accorciati, tinti, smontati etc. Generalmente vengono riutilizzati tutti, magari sulle comparse (a un evento mondano, per non comprare abiti da sera a tutti, si ricicla un pezzo pieno di paillette che ha forme e colori fuori moda ma che fa numero e nella massa non si vede). Quelli più caratteristici e famosi, facilmente riconoscibili anche dalla persona più digiuna di cinema, sono considerati pezzi da museo.
A stylist, used to all other kind of timetable, cannot follow cold turkey all this process and, at the same time, also (maybe) continue to produce with his/her main activity.
He/She cooperates.
Then the name remains (as in the Black Swan case) and the costume designer, yet inexplicably invisible figure, totally disappears.
Just to explain once more the costumist work with few words, we have to specify that to clothe all the cast, there are three different ways:
- clothes are made on purpose. This counts for the main characters and, surely, for the films in which there are very particular clothes (superheroes, sci-fi, fantasy or historicals' movies), for the obvious reason that -unluckily- certain things aren't available in the shops,
- clothes are bought to render the film the most possible up-to-date and reflect the present reality (and not the one of ten years ago). Among theorists there's who say that the fashion is already old when it arrives in the shops, because we use it with the eyes during the movement from catwalk (winter. Year X) to magazines to shop window (winter. Year X+1). What's more, there are a couple of years of work from when the idea came to the designer's head to its real fulfilment,
- clothes are adapted from oldest one. There are, around the world, warehouses packed of costumes ready to be adapted, widened/tightened, lengthened / shortened, dyed, dismantled etc. Usually they are reused by the background characters (at a party, to not buy dresses for everyone, they can recycle pieces full of sequins, maybe with a colour and a shape unfashionable but that makes up the numbers and that, in the crowd, nobody will notice).
The most iconic and famous ones, easily recognizable also from the person most ignorant about cinema, are considered museum pieces
Practical Esempio pratico di riuso di accessori. Trovate il pezzo uguale.
La collana, bravi!
Da Ugly Betty a L'altra donna del re.

Practical example of reuse of accessories. Let find the piece!
The necklace, well done!
From Ugly Betty to The Other Boleyn Girl
Torniamo ad HP.
Il secondo punto di questo elenco è quello che ci interessa: perché scandalizzarsi per un solo abito quando tutti i film/telefilm (fate due conti e capirete che la mole è immensa) si riforniscono in negozio?
Perché era particolarmente riconoscibile... sì, certo.
Ma, nello stesso film, tanto per fare un esempio, compare un altro capo fortemente iconico di altrettanto famosi designer adattato/ispirato per il momento.
Parliamo di Viktor & Rolf.
Back to HP
The second point of this list is the one that interests us: why be scandalized for a dress when all the movies/TVmovies (count them quickly and you will understand that the number is a huge one) take the dresses in the shops? Or in second-hand shops.
In that case it was particularly recognizable...yes, I agree...
But in the same movie, just to make an example, there was another cloth strongly iconic of likewise famous designers adapted/inspired for the moment.
I'm talking about Viktor & Rolf
La "pluricamicia" di V&R dell'autunno 2003 riproposta, successivamente, nell'estate del 2010. Coincidenza?
The multiple-shirt of V&R from fall 2003, proposed again in the summer 2010. Is it a coincidence?
Passano gli anni ed esce Hunger Games, in buona parte sviluppato con gli abiti di Alexander Mc Queen di diverse collezioni (e altri designer... ci tornerò più avanti, merita un post a parte).
Perché la cosa non ha suscitato lo stesso scandalo?
I designer i cui capi sono stati usati nel film non son stati citati (se non in interviste ai giornali) in entrambi i casi...
Forse perché non è stato compromesso l'originale?
Potrebbe essere una ragione comprensibile se non fosse che il compito del costume designer, come detto sopra, è proprio di adattare il capo al contesto. Se non lo avessero fatto subito (mantenendo l'abito così com'era) forse sarebbe successo pochi anni dopo...chissà.
Io ho una mia teoria che riguarda anche l'accesso delle masse a un mezzo potente come Internet, all'epoca ancora agli albori -rispetto all'uso che ne facciamo oggi. Ma è un opinione non condivisibile, quindi la tengo per me. 
Perché, in fondo, 'sta storia del designer che viene riciclato non è mica nuova. 
Basta un esempio, iconico.
L'italianissima Elsa Schiaparelli. Rivale di una -forse- più famosa Chanel ma amica di avanguardisti come Dalì e Duchamp... siamo a inizio secolo (scorso)
Il film è Brazil. Fine del secolo (sempre quello appena trascorso...)
E su questa abbinata chiudo. 
Perché la approfondirò prossimamente in post sul rapporto moda-distopia. 

The years go by and Hunger Games came, in a big part developed on the Alexander Mc Queen dresses from different collection (and other designers...maybe I will come back on the argument... it need its own post).
Why, this time, there was no discussion about it?
The designers, whose dresses are used in the movies, were never quoted (just in the interview to the magazines) in both cases...
Maybe because the original one was no compromised?
It might be a good reason if were not that the task of the costume designer, as mentioned above, is precisely to adapt the dress to the context. If they had not done immediately (keeping the dress as it was) probably it would have happened a few years later ... who knows?
I have my own theory that involve also the access of the masses to a powerful tool as Internet, at that time in its own dawn – compared to the use that we make of it today – but it's an opinion not sharable, so I keep to myself.
Because, after all, the fact that a designer recycles others works it's not new.
Just an example, an iconic one.
The all-Italian Elsa Schiaparelli (to read S-ki-a-pa-rally). A rival-perhaps- of a most famous Chanel but a friend of avant-garde artists as Dalì and Duchamp … It's the beginning of the century (the last one). The film
is Brazil. End of the Century (always, the one just gone ...)
And on this match I close the post.
Because I have to face the argument in a post on the relationship between fashion and dystopia.
A sinistra una scena di Brazil (1985) a destra Schiap.
Lady Gaga, coi suoi telefoni in testa, non si è inventata nulla...anzi! ci torneremo.
Perché sa bene dove andare a pescare le sue stranezze

On the left a scene of Brazil (1985) and, on the right, Schiap.
Lady Gaga, with her phones on the head, has invented anything ... indeed! I have to come back. Because she knows very well where to go to catch -in the fashion history- all her oddities!



lunedì 17 febbraio 2014

La rivoluzione circolare.

Vi siete mai domandati perché certi simboli, tra i più fortunati, quelli che rimangono più impressi nella mente e nella storia, siano spesso iscritti in un cerchio?
Io sì -ti pare? Sennò non sarei qui a scriverne..- 
La cosa mi è tornata in mente l'altro giorno durante il consueto aggiornamento di fic e lo spunto per questo post nasce dalla presenza di Jericho Drumm, l'haitiano Fratello/Dottor Voodoo (abbiate pazienza... al momento è l'unica cosa che mi rende attiva)


Jericho Drumm alias Fratello Voodoo -prima- Dottor Voodoo -dopo- 


Attenzione ai miei voli pindarici!!!
Il simbolo che Jericho ha sulla fronte è identico a quello che rappresenta V (V per Vendetta, prima fumetto e poi omonimo film). In questo caso dubito che ci sia un qualche richiamo tra i due ma da V e dalla citazione del suo simbolo nella mia tesi nasce tutto il post.
Il logo di V, per chi non lo conoscesse

Il simbolo di V nasce dalla A cerchiata degli Anarchici, specchiata verticalmente (e l'unica lettera riflesso della A è la V. E con V inizia anche l'inglese Vengeance).
Non a caso, poi, la maschera di Guy (o Guido!) Fawkes è stata adottata dal gruppo hacker Anonymus e da quello degli Indignados spagnoli (movimento noto anche come 15-M, cioè 15 maggio 2011, corrispettivo moderno dell'elisabettiano 5 novembre 1605 -lo so che il regno di Eli era finito 2 anni prima, pignoli!...e che dire epoca stuardiana mi faceva un pò schifo) e il simbolo di V ripreso dal M5S italiano. Ma lo stesso V prendeva dal più classico 1984.
E che c'entra V nella mia tesi? In realtà nulla. La cosa si trova nella parte introduttiva, relativa alle distopie di ieri e di oggi, sui classici e su come sia diventato un argomento di moda solo con HG. Sì, perché prima la parola era associata o a Orwell (Bradbury e Huxley, per le masse, sono già nomi semisconosciuti, ahimè) o ai nerd che leggevano fantascienza.
Il logo Anarchico. Se osservate bene vedete come inizio, fine e cuspide sfocino oltre il confine circolare sia in questo caso che in quello di V.

E su questa questione, tra le varie cose, non ho mai capito perché tanto disprezzo e sottovalutazione solo perché le situazioni sono inventate, come se in tutti gli altri casi di commedie fosse pura verità (quando è l'unico caso in cui si possa esplorare il potenziale umano, psicologico, sociologico... giudizio condiviso, tra l'altro, anche da un libro come Curarsi con i libri di Ella Berthoud e Susan Elderkin ). In realtà, l'altro genere che consente di 'studiare' senza fatica il mondo che ci circonda, si trova nei gialli/noir etc. Perché non solo scopri qualcosa di scienza/fisica (i metodi usati per commettere il delitto e farla franca) ma, soprattutto, l'agente indaga sulla vita di altre persone, con gusti e hobby propri che tu non pensavi nemmeno esistessero.
Vabbè, lasciamo perdere.

Dunque. Tesi e introduzione.
Sì, la tesi partiva da uno degli ultimi romanzi distopici (rigorosamente YA. E ringrazio, perché con la scusa di propinarli ai ragazzini, finalmente si trova qualcosa di 'leggero' e che non ti bolli subito come nerd) di cui volevo -e ho- sviluppare un progetto di Costume Design pur essendo in una facoltà di Fashion Design.
Una delle prime obiezioni che mi vennero mosse quando riuscii -finalmente- a trovare i relatori per esporre il mio progetto di tesi (mai tanta fatica), si attaccò alla veste grafica del libro che avevo preso in esame.
Il fuoco che distrugge, l'albero che perde le foglie come in un pianto per la perdita dell'innocenza e l'onda marina che purifica e risistema tutto: interpretazione interessante della scansione temporale strizzando l'occhio ai loghi delle fazioni.

Senza nemmeno averlo letto, e giudicandolo dalla casa editrice italiana, Divergent (di Veronica Roth) venne subito bollato come clone mal riuscito di Hunger Games (di Suzanne Collins). La cosa mi indispettì non poco essendo una fan della prima ora di entrambi (in pratica quando nessuno conosceva né l'uno né l'altro... un po' come mi accadde -circa 15 anni fa- per Harry Potter
Ma, da quanto posso leggere su altri blog in rete, la questione della comparazione tra le copertine è abbastanza dibattuta. 
Sì, certo, può esserci un'eco. Certo non è palese come nel caso della copertina italiana del romanzo di Philip Reeve dell'ormai lontano 2001, Mortal Engines , edito solo nel 2013 da Mondadori e col titolo di The Hungry City. A voler essere precisi il titolo non è così sbagliato, visto che la quadrilogia al completo si chiama proprio Mortal Engines Quartet/Predator Cities Quartet o The Hungry City Chronicles. Comunque manca un pezzo. Ma è il modo truffaldino con cui viene usato parte del titolo che da fastidio perché nessuno dei 4 romanzi ha quel titolo ed è ovvia la volontà di tentare di accaparrarsi una fetta di pubblico nostalgica della serie della Collins. Tra l'altro...nelle note bibliografiche, la Mondadori è pure riuscita a sbagliare, scrivendo un totalmente inventato Mortal Machines....)
Ora, di Divergent sentirete parlare presto -spero- perché sta uscendo il film. Ammesso che non abbiano fatto come per The Host – L'ospite che, pur ben adattato, sembra sottotono rispetto all'originale e cmq non è stato affatto pubblicizzato. Strano, era di Stephenie Meyer, avrebbero dovuto pompare ma dopo la trasposizione idiota di Twilight forse non se la son sentiti. Ooohhh! Non storcete subito il naso, che è un bel, seppur lentissimo, romanzo distopico. All'inizio mi ero quasi piantata. Poi l'ho riletto almeno 3 volte. Anche sulla saga di Twilight avrei da ridire qualcosina rispetto al mare che lo vede un romanzo sessista. E va precisato che c'è differenza tra i romanzi e i film =_= e cmq, tutto dipende da come lo volete vedere. Mai sentito il detto 'a puro tutte le cose appaiono pure'?). Comunque, The Host ve lo cito ora perché poi ci tornerò.
Quindi, al posto di essere stato il “classico” progetto moda, con una capsule collection, mood e compagnia (che, pare, non mi riuscissero troppo bene e farmi il fegato sull'ultimo progetto – o riciclare quello della sfilata, anche no, grazie). Mi ero intestardita e meno male, perché mi sono divertita e quasi piangevo a ogni capo realizzato (cosa mai successa prima... quando era un continuo compromesso tra quello che volevo io e il gusto del docente).
Ovviamente, nell'adattamento, scesi a diversi compromessi: era comunque un progetto che si inseriva nel contesto di una laurea in Design di moda e, fossi stata una vera costumista, forse avrei comprato due magliette nere e un jeans al mercato e sarebbe finita lì. Invece ho creato i temi per ciascun mondo e dei sotto mood per ciascun personaggio e da lì ho elaborato.
La tesi, informazione di servizio, l'ho intitolata Convergent. Partendo da una divergenza (esistente anche tra moda e costume) si poteva arrivare a un punto in comune, il progetto, appunto, in cui cooperavano entrambi gli ambiti.
Nel titolo, che non potevo usare in quanto non era mica opera mia, ho giocato su due fattori: il Font il più possibile simile a quello originale. Se fate attenzione, però, la scritt è spezzata e smottata (sembra solo il riflesso di una superficie metallica). Quindi, quasi in una correzione di bozza, ho tirato una bella linea sul titolo originale (stampato su carta) e l'ho sostituito col mio, stampato su un lucido che, con la sua trasparenza, copriva solo con la parte rossa. E così, sul lucido ho messo anche il mio nome (come esaltarsi per stupidaggini simili...)

Ma torniamo alle obiezioni.
HG più o meno, ormai, lo conoscono tutti. Di Divergent, nessuno ne sa nulla. Al momento è la trilogia che mi ossessiona più di tante altre (e fidatevi, leggo tanto).
La prima critica fu relativa alla tipologia stessa del romanzo: essendo una distopia avrei dovuto fare molta attenzione a non ricadere nella sfera di influenza di HG. 
Come se HG fosse l'unica distopia tradotta su pellicola, no? =_=
In ogni caso, nessun problema, visto che sono due mondi totalmente diversi.
La seconda, che mirava a consolidare la prima, verteva sulla veste grafica. In HG c'è la ghiandaia armata inscritta in un cerchio. In Divergent, la prima copertina reca una fiamma fiammeggiante (perdonate il gioco di parole...ma non è una fiamma statica come quella della copertina italiana di Fahrenheit 451. Altre sono, infatti, le copertine straniere).
D'accordo, può esserci il rimando -creato però dalle locandine dei film- alla ghiandaia di HG.
Onestamente, io non c'ho mai visto sto gran rimando. Anzi... i rimandi, se ci sono, sono a grandi classici della fantascienza distopica.

Tutt'al più, appunto, io ci ho visto il richiamo a Fahrenheit 451. Ok, la copertina è quella italiana, ma aspettate. Io non lo trovo un caso. 
Come tutte le distopie, ovviamente, c'è la parte di rimozione del passato, nel bene e nel male (ricordo che la distopia è la degenerazione di quello che in origine era una distopia, una risposta a tutti i mali sociali). 
Ma, mentre in HG la differenza sociale è improntata sulla ricchezza e sull'accesso al cibo (sono, appunto, i giochi della fame) in Divergent (devo trovare un abbreviazione!) tutto si basa sulle competenze dei singoli, ridotte drasticamente a 5 categorie. Ogni sfumatura, ogni divergenza, appunto, è un tabù che va estirpato. 
Si sa che il pensiero autonomo, il diverso, affascina e spaventa.
Le due protagoniste, poi, non hanno nulla in comune. Katniss è un'agile cacciatrice e altruista, Beatrice è impacciata ed egoista (almeno, nella sua mente), la prima diventa eroina un po' per caso in quanto una serie di scelte fatte la portano a diventare inconsapevolmente araldo della ribellione, la seconda è oggettivamente diversa da chi la circonda, nel tentativo di sopravvivere senza smascherarsi, è costretta a scelte dure e a convivere con esse. Una è intrappolata in un gioco mortale, di cui non può forzare le regole più di tanto, l'altra vive in un mondo libero di cui riesce lentamente e attivamente a fare le sue scelte. Non dipende da altri, è un cane sciolto, pronto al dissenso e a restare sola, mentre Katniss non solo accetta consigli strategici, diventa la marionetta di altri ed è sempre gravata dalla preoccupazione per la sua famiglia.
Precisiamo subito che non sono i colori originali ma che si tratta di una mia interpretazione: dal punto di vista grafico aveva poco senso un albero rosso e un fuoco nero. Pertanto, pensando più che altro ai vestiti della fazione, avevo sviluppato la distinzione Rosso-Nero per gli Intrepidi (il rosso è il colore dell'azione e dell'aggressività, il nero è frequente tra le forze di polizia per la sua forza espressiva) contrapposta a quella Bianco-Nero dei Candidi con una visione un pò manichea della vita. Infine, i Pacifici, al posto di vestirli di sgargianti -quanto orrendi- rossi e gialli, avevo optato per i colori della terra, marroni, gialli e verdi, che si possono ottenere con facilità e senza inquinare: mi sembrava, così, di rispettare di più i caratteri delle singole fazioni.

Torniamo alle fazioni.
I cinque gruppi sono rappresentati, ciascuno, da un simbolo che ne riassume il concetto. Simbolo che, nella Cerimonia della Scelta, ha il suo riscontro fisico. 
Dico che questo YA mi ricorda F451 per un motivo: qui, diversamente che in HG dove c'è un controllo fisico che porta all'abbrutimento delle masse, il controllo del sapere è centrale.

La storia comincia nella fazione degli Abneganti, gruppo devoto al benessere altrui a discapito della propria persona.
Due mani che si cercano. Fossi stata nei grafici e nell'autrice forse, come simbolo rappresentativo, avrei scelto due mani allacciate tra loro, un gesto di saluto o una presa più salda. Così, non so perché, a parte sembrarmi sfuggente (infatti la protagonista se ne va) mi ricorda la Creazione di Adamo di Michelangelo... Questa mia personalissima interpretazione rimarcherebbe quell'eco che sta sullo sfondo della fazione di un gruppo di devoti religiosi (un mix tra Amish e i cristiani delle confessioni pauperistiche).
Se proprio vogliamo, un altro collegamento lo si potrebbe vedere col film Equilibrium, uno dei miei preferiti e che infatti ho usato nel mood. Vestono di grigio, ogni idea egoistica, ogni vanità deve essere estirpata e gli affetti coltivati con misurazione. La differenza è che nel film il controllo si ottiene mediante farmici (ecco...questo controllo può essere rimandato a un altro YA, la serie di Delirium di Lauren Oliver).
 
La protagonista sceglie poi di migrare nella fazione dei ribelli, chiassosi, violenti Intrepidi, la fazione che svolge il ruolo di esercito e polizia. Ed eccola, la fiamma. Ed ecco il rimando a Guy Montag e i militi del fuoco di F451: entrambe forze di polizia, entrambe associate al fuoco distruttore.

 
Alleati degli Intrepidi, nella cui fazione finisce il fratello della protagonista, sono gli Eruditi: insegnanti, ricercatori...tutti coloro che hanno a che fare col sapere. Il simbolo? Presto detto. Un occhio. Onnisciente? Forse, sicuramente è la loro ambizione. Un rimando al Grande Fratello? Direi abbastanza inequivocabile (lo stesso, comunque, si rifà all'occhio di Dio che tutto vede quindi, vuoi o no, siam sempre lì). 
Una cosa che rilevavo nella tesi (e che avevo già dimenticato) è che il rimando dell'occhio onnisciente, che spia e cerca di manipolare le masse (o comunque i propri interlocutori) lo si ritrova anche in HAL9000, il computer di bordo della Discovery (2001: Odissea nello spazio) che entra in crash per i due ordini contrapposti impostatigli dai suoi programmatori: il vero scopo della missione su Giove e l'imperativo di ubbidire agli ordini umani. Potremmo dilungarci sull'affascinante infrazione delle leggi della robotica stilate da Asimov ben prima del film Io, robot, ma non è questa la sede.
Tra l'altro, sempre in tema distopia, l'occhio come discriminante buoni-cattivi, controllori-controllati è centrale nel già citato L'ospite (foto sopra. L'iridescenza dell'iride era tratto distintivo tra le anime invaditrici e totalmente umani ribelli).



Le ultime due fazioni (più quella degli Esclusi, in cui confluiscono gli scarti delle altre) sono quella dei Candidi e quella dei Pacifici. A essere onesta, non erano oggetto della tesi e non ci ho pensato più di tanto (produrre 6 outfit diversi era già abbastanza impegnativo ma non vuol dire che non ci avessi ragionato comunque) 
Una bilancia che, al posto di essere perfettamente bilanciata, ha uno dei piatti che rompe l'equilibrio e un albero avvitato su se stesso come scosso da un violento uragano.

La bilancia è il simbolo della pazienza e della precisione (entrambe virtù che escludono la forza e la violenza e questo mi lascia pensare che la fazione non si schiererà come già i Pacifici, anche se per altre ragioni) e del tempo (il giorno contrapposto alla notte) è strumento trasversale per la pesa delle anime o del tempo a disposizione degli uomini.
L'asimmetrica è assai strana. La giustizia, per definizione, non dovrebbe piegarsi davanti a nulla e la pena è decisa proprio dal bilanciamento perfetto dei due piatti. Quindi... questo sbilanciamento mi lascia con la questione irrisolta.

Quanto all'albero...
Beh... potevano scegliere qualunque tipo di albero (e avrebbe rimandato comunque alla società), ma ne hanno preso uno che ricorda, nella sua simmetria verticale sembra rimandare all'albero cosmico, quasi un frassino. E tutti, chi più chi meno, conoscono Yggdrasil (oh, un frassino, appunto).
Meno noto è che questo simbolo (tante radici quanta chioma) sia ricorrente in tutte le culture: l'albero del bene e del male (sempre Adamo, avete presente?), della vita e della morte, del tutto. Non a caso i suoi adepti vivono in serena armonia con la natura e tra di loro in quanto tutti particelle equipotenti dello stesso universo. 

Ma fin qui ho parlato solo delle fazioni di Divergent. 
Perché, dunque, iscrivere una figura in un cerchio?
In realtà la risposta è alquanto banale, se vogliamo.
La forza del cerchio, infatti, sta nel fatto che è un segno grafico, unico nel suo genere, ottenuto con un unico segno e privo di alcuna spigolosità. Quello che gli va più vicino, è il simbolo dell'infinito. 
Il cerchio esprime il principio e la fine (ecco perché così ricorrente in simboli rivoluzionari), la perfezione (eccolo comparire in bandiere dei despoti nelle distopie e non solo per imitare la svastica nazista.), l'immortalità e la ciclicità (appunto, non vi è segno di cesura). E' l'omogeneità e l'armonia, in quanto non c'è differenza tra destra e sinistra (perciò gli si può comodamente sostituire il termine centro) o tra alto e basso: è l'armonia e la parità a cui i rivoluzionari, insoddisfatti, tendono e di cui i despoti si ritengono arroganti fautori tramite la coercizione. 
  
E' simbolo dell'anima (o meglio, rappresenta il cielo, che è perfezione ed è manifestazione del divino. Ed ecco anche la simbologia dell'aureola, in tutte le religioni che presentano una simile fenomenologia. Ma ci tornerò... e all'occasione vi spiegherò anche perché si parla di raggi di sole confusi con corna diaboliche...): ecco spiegata la circolarità del pane in tutte le culture (a partire dal pane simbolo dell'anima per eccellenza, l'ostia) e dei rosoni nelle cattedrali che sono, di tutte, le chiese più ricche si allegorie. Rosoni che, se li guardate bene, vedrete mooooolto simili ai mandala e alle ruote indù (la ruota, però, rappresenta l'universo, il moto perpetuo, anche se circolare, e il tempo, quindi, la permanenza nello stesso.).
E il fatto che Dio in persona, assista ora questa o l'altra parte, è cosa risaputa, no?
 
Ancora, al cerchio, per questo motivi, sono associati amore e amicizia (la fede e il girotondo.) e la devozione (non lo vorreste dal vostro 'capo'?), delimita uno spazio chiuso protettivo, quindi ecco che risulta molto accattivante e chi cura certe cose lo sa bene (non pensiate che i vari loghi, simboli, sloga non siano studiati sotto tutti i punti di vista).

In relazione al cerchio, come già detto, il centro, che rappresenta il cuore, l'ombelico, l'essenza, l'io e, di conseguenza, sia i sentimenti che la sintesi dell'oggetto in esame: è pratico, spiccio, onesto, pane al pane e vino al vino. 
Un rapido inciso, doveroso, va dedicato ai monili: le popolazioni asiatiche ricorrono ad anelli per purificare (cioè, tenere lontani gli spiriti maligni) i cosiddetti orifizi impuri...ma la stessa superstizione sulla protezione offerta da anelli-bracciali-collane era radicata anche in Europa che lo enfatizzava ulteriormente e, da semplici amuleti, questi oggetti si tramutavano in strumenti di potere: pensate all'anello dei Nibelunghi (e alle storie di Tolkien che prendono da quel ciclo).

Ancora, tra simbologia e numerologia, il cerchio e il numero 5 hanno molto in comune (fate caso a quando ricorrono insieme): il 5 è il centro di una croce (di 4 punti che corrisponde, a sua volta, alla posizione dell'uomo tra terra e cielo e i punti cardinali) ed è centrale tra le 9 unità matematiche (1,2,3,4 -5- 6,7,8,9. Lo 0 è assenza, non si conta come unità). 
Ancora una volta, l'uomo al centro. Ed ecco, anche, perché ricorre frequentemente nei simboli magici.