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lunedì 17 febbraio 2014

La rivoluzione circolare.

Vi siete mai domandati perché certi simboli, tra i più fortunati, quelli che rimangono più impressi nella mente e nella storia, siano spesso iscritti in un cerchio?
Io sì -ti pare? Sennò non sarei qui a scriverne..- 
La cosa mi è tornata in mente l'altro giorno durante il consueto aggiornamento di fic e lo spunto per questo post nasce dalla presenza di Jericho Drumm, l'haitiano Fratello/Dottor Voodoo (abbiate pazienza... al momento è l'unica cosa che mi rende attiva)


Jericho Drumm alias Fratello Voodoo -prima- Dottor Voodoo -dopo- 


Attenzione ai miei voli pindarici!!!
Il simbolo che Jericho ha sulla fronte è identico a quello che rappresenta V (V per Vendetta, prima fumetto e poi omonimo film). In questo caso dubito che ci sia un qualche richiamo tra i due ma da V e dalla citazione del suo simbolo nella mia tesi nasce tutto il post.
Il logo di V, per chi non lo conoscesse

Il simbolo di V nasce dalla A cerchiata degli Anarchici, specchiata verticalmente (e l'unica lettera riflesso della A è la V. E con V inizia anche l'inglese Vengeance).
Non a caso, poi, la maschera di Guy (o Guido!) Fawkes è stata adottata dal gruppo hacker Anonymus e da quello degli Indignados spagnoli (movimento noto anche come 15-M, cioè 15 maggio 2011, corrispettivo moderno dell'elisabettiano 5 novembre 1605 -lo so che il regno di Eli era finito 2 anni prima, pignoli!...e che dire epoca stuardiana mi faceva un pò schifo) e il simbolo di V ripreso dal M5S italiano. Ma lo stesso V prendeva dal più classico 1984.
E che c'entra V nella mia tesi? In realtà nulla. La cosa si trova nella parte introduttiva, relativa alle distopie di ieri e di oggi, sui classici e su come sia diventato un argomento di moda solo con HG. Sì, perché prima la parola era associata o a Orwell (Bradbury e Huxley, per le masse, sono già nomi semisconosciuti, ahimè) o ai nerd che leggevano fantascienza.
Il logo Anarchico. Se osservate bene vedete come inizio, fine e cuspide sfocino oltre il confine circolare sia in questo caso che in quello di V.

E su questa questione, tra le varie cose, non ho mai capito perché tanto disprezzo e sottovalutazione solo perché le situazioni sono inventate, come se in tutti gli altri casi di commedie fosse pura verità (quando è l'unico caso in cui si possa esplorare il potenziale umano, psicologico, sociologico... giudizio condiviso, tra l'altro, anche da un libro come Curarsi con i libri di Ella Berthoud e Susan Elderkin ). In realtà, l'altro genere che consente di 'studiare' senza fatica il mondo che ci circonda, si trova nei gialli/noir etc. Perché non solo scopri qualcosa di scienza/fisica (i metodi usati per commettere il delitto e farla franca) ma, soprattutto, l'agente indaga sulla vita di altre persone, con gusti e hobby propri che tu non pensavi nemmeno esistessero.
Vabbè, lasciamo perdere.

Dunque. Tesi e introduzione.
Sì, la tesi partiva da uno degli ultimi romanzi distopici (rigorosamente YA. E ringrazio, perché con la scusa di propinarli ai ragazzini, finalmente si trova qualcosa di 'leggero' e che non ti bolli subito come nerd) di cui volevo -e ho- sviluppare un progetto di Costume Design pur essendo in una facoltà di Fashion Design.
Una delle prime obiezioni che mi vennero mosse quando riuscii -finalmente- a trovare i relatori per esporre il mio progetto di tesi (mai tanta fatica), si attaccò alla veste grafica del libro che avevo preso in esame.
Il fuoco che distrugge, l'albero che perde le foglie come in un pianto per la perdita dell'innocenza e l'onda marina che purifica e risistema tutto: interpretazione interessante della scansione temporale strizzando l'occhio ai loghi delle fazioni.

Senza nemmeno averlo letto, e giudicandolo dalla casa editrice italiana, Divergent (di Veronica Roth) venne subito bollato come clone mal riuscito di Hunger Games (di Suzanne Collins). La cosa mi indispettì non poco essendo una fan della prima ora di entrambi (in pratica quando nessuno conosceva né l'uno né l'altro... un po' come mi accadde -circa 15 anni fa- per Harry Potter
Ma, da quanto posso leggere su altri blog in rete, la questione della comparazione tra le copertine è abbastanza dibattuta. 
Sì, certo, può esserci un'eco. Certo non è palese come nel caso della copertina italiana del romanzo di Philip Reeve dell'ormai lontano 2001, Mortal Engines , edito solo nel 2013 da Mondadori e col titolo di The Hungry City. A voler essere precisi il titolo non è così sbagliato, visto che la quadrilogia al completo si chiama proprio Mortal Engines Quartet/Predator Cities Quartet o The Hungry City Chronicles. Comunque manca un pezzo. Ma è il modo truffaldino con cui viene usato parte del titolo che da fastidio perché nessuno dei 4 romanzi ha quel titolo ed è ovvia la volontà di tentare di accaparrarsi una fetta di pubblico nostalgica della serie della Collins. Tra l'altro...nelle note bibliografiche, la Mondadori è pure riuscita a sbagliare, scrivendo un totalmente inventato Mortal Machines....)
Ora, di Divergent sentirete parlare presto -spero- perché sta uscendo il film. Ammesso che non abbiano fatto come per The Host – L'ospite che, pur ben adattato, sembra sottotono rispetto all'originale e cmq non è stato affatto pubblicizzato. Strano, era di Stephenie Meyer, avrebbero dovuto pompare ma dopo la trasposizione idiota di Twilight forse non se la son sentiti. Ooohhh! Non storcete subito il naso, che è un bel, seppur lentissimo, romanzo distopico. All'inizio mi ero quasi piantata. Poi l'ho riletto almeno 3 volte. Anche sulla saga di Twilight avrei da ridire qualcosina rispetto al mare che lo vede un romanzo sessista. E va precisato che c'è differenza tra i romanzi e i film =_= e cmq, tutto dipende da come lo volete vedere. Mai sentito il detto 'a puro tutte le cose appaiono pure'?). Comunque, The Host ve lo cito ora perché poi ci tornerò.
Quindi, al posto di essere stato il “classico” progetto moda, con una capsule collection, mood e compagnia (che, pare, non mi riuscissero troppo bene e farmi il fegato sull'ultimo progetto – o riciclare quello della sfilata, anche no, grazie). Mi ero intestardita e meno male, perché mi sono divertita e quasi piangevo a ogni capo realizzato (cosa mai successa prima... quando era un continuo compromesso tra quello che volevo io e il gusto del docente).
Ovviamente, nell'adattamento, scesi a diversi compromessi: era comunque un progetto che si inseriva nel contesto di una laurea in Design di moda e, fossi stata una vera costumista, forse avrei comprato due magliette nere e un jeans al mercato e sarebbe finita lì. Invece ho creato i temi per ciascun mondo e dei sotto mood per ciascun personaggio e da lì ho elaborato.
La tesi, informazione di servizio, l'ho intitolata Convergent. Partendo da una divergenza (esistente anche tra moda e costume) si poteva arrivare a un punto in comune, il progetto, appunto, in cui cooperavano entrambi gli ambiti.
Nel titolo, che non potevo usare in quanto non era mica opera mia, ho giocato su due fattori: il Font il più possibile simile a quello originale. Se fate attenzione, però, la scritt è spezzata e smottata (sembra solo il riflesso di una superficie metallica). Quindi, quasi in una correzione di bozza, ho tirato una bella linea sul titolo originale (stampato su carta) e l'ho sostituito col mio, stampato su un lucido che, con la sua trasparenza, copriva solo con la parte rossa. E così, sul lucido ho messo anche il mio nome (come esaltarsi per stupidaggini simili...)

Ma torniamo alle obiezioni.
HG più o meno, ormai, lo conoscono tutti. Di Divergent, nessuno ne sa nulla. Al momento è la trilogia che mi ossessiona più di tante altre (e fidatevi, leggo tanto).
La prima critica fu relativa alla tipologia stessa del romanzo: essendo una distopia avrei dovuto fare molta attenzione a non ricadere nella sfera di influenza di HG. 
Come se HG fosse l'unica distopia tradotta su pellicola, no? =_=
In ogni caso, nessun problema, visto che sono due mondi totalmente diversi.
La seconda, che mirava a consolidare la prima, verteva sulla veste grafica. In HG c'è la ghiandaia armata inscritta in un cerchio. In Divergent, la prima copertina reca una fiamma fiammeggiante (perdonate il gioco di parole...ma non è una fiamma statica come quella della copertina italiana di Fahrenheit 451. Altre sono, infatti, le copertine straniere).
D'accordo, può esserci il rimando -creato però dalle locandine dei film- alla ghiandaia di HG.
Onestamente, io non c'ho mai visto sto gran rimando. Anzi... i rimandi, se ci sono, sono a grandi classici della fantascienza distopica.

Tutt'al più, appunto, io ci ho visto il richiamo a Fahrenheit 451. Ok, la copertina è quella italiana, ma aspettate. Io non lo trovo un caso. 
Come tutte le distopie, ovviamente, c'è la parte di rimozione del passato, nel bene e nel male (ricordo che la distopia è la degenerazione di quello che in origine era una distopia, una risposta a tutti i mali sociali). 
Ma, mentre in HG la differenza sociale è improntata sulla ricchezza e sull'accesso al cibo (sono, appunto, i giochi della fame) in Divergent (devo trovare un abbreviazione!) tutto si basa sulle competenze dei singoli, ridotte drasticamente a 5 categorie. Ogni sfumatura, ogni divergenza, appunto, è un tabù che va estirpato. 
Si sa che il pensiero autonomo, il diverso, affascina e spaventa.
Le due protagoniste, poi, non hanno nulla in comune. Katniss è un'agile cacciatrice e altruista, Beatrice è impacciata ed egoista (almeno, nella sua mente), la prima diventa eroina un po' per caso in quanto una serie di scelte fatte la portano a diventare inconsapevolmente araldo della ribellione, la seconda è oggettivamente diversa da chi la circonda, nel tentativo di sopravvivere senza smascherarsi, è costretta a scelte dure e a convivere con esse. Una è intrappolata in un gioco mortale, di cui non può forzare le regole più di tanto, l'altra vive in un mondo libero di cui riesce lentamente e attivamente a fare le sue scelte. Non dipende da altri, è un cane sciolto, pronto al dissenso e a restare sola, mentre Katniss non solo accetta consigli strategici, diventa la marionetta di altri ed è sempre gravata dalla preoccupazione per la sua famiglia.
Precisiamo subito che non sono i colori originali ma che si tratta di una mia interpretazione: dal punto di vista grafico aveva poco senso un albero rosso e un fuoco nero. Pertanto, pensando più che altro ai vestiti della fazione, avevo sviluppato la distinzione Rosso-Nero per gli Intrepidi (il rosso è il colore dell'azione e dell'aggressività, il nero è frequente tra le forze di polizia per la sua forza espressiva) contrapposta a quella Bianco-Nero dei Candidi con una visione un pò manichea della vita. Infine, i Pacifici, al posto di vestirli di sgargianti -quanto orrendi- rossi e gialli, avevo optato per i colori della terra, marroni, gialli e verdi, che si possono ottenere con facilità e senza inquinare: mi sembrava, così, di rispettare di più i caratteri delle singole fazioni.

Torniamo alle fazioni.
I cinque gruppi sono rappresentati, ciascuno, da un simbolo che ne riassume il concetto. Simbolo che, nella Cerimonia della Scelta, ha il suo riscontro fisico. 
Dico che questo YA mi ricorda F451 per un motivo: qui, diversamente che in HG dove c'è un controllo fisico che porta all'abbrutimento delle masse, il controllo del sapere è centrale.

La storia comincia nella fazione degli Abneganti, gruppo devoto al benessere altrui a discapito della propria persona.
Due mani che si cercano. Fossi stata nei grafici e nell'autrice forse, come simbolo rappresentativo, avrei scelto due mani allacciate tra loro, un gesto di saluto o una presa più salda. Così, non so perché, a parte sembrarmi sfuggente (infatti la protagonista se ne va) mi ricorda la Creazione di Adamo di Michelangelo... Questa mia personalissima interpretazione rimarcherebbe quell'eco che sta sullo sfondo della fazione di un gruppo di devoti religiosi (un mix tra Amish e i cristiani delle confessioni pauperistiche).
Se proprio vogliamo, un altro collegamento lo si potrebbe vedere col film Equilibrium, uno dei miei preferiti e che infatti ho usato nel mood. Vestono di grigio, ogni idea egoistica, ogni vanità deve essere estirpata e gli affetti coltivati con misurazione. La differenza è che nel film il controllo si ottiene mediante farmici (ecco...questo controllo può essere rimandato a un altro YA, la serie di Delirium di Lauren Oliver).
 
La protagonista sceglie poi di migrare nella fazione dei ribelli, chiassosi, violenti Intrepidi, la fazione che svolge il ruolo di esercito e polizia. Ed eccola, la fiamma. Ed ecco il rimando a Guy Montag e i militi del fuoco di F451: entrambe forze di polizia, entrambe associate al fuoco distruttore.

 
Alleati degli Intrepidi, nella cui fazione finisce il fratello della protagonista, sono gli Eruditi: insegnanti, ricercatori...tutti coloro che hanno a che fare col sapere. Il simbolo? Presto detto. Un occhio. Onnisciente? Forse, sicuramente è la loro ambizione. Un rimando al Grande Fratello? Direi abbastanza inequivocabile (lo stesso, comunque, si rifà all'occhio di Dio che tutto vede quindi, vuoi o no, siam sempre lì). 
Una cosa che rilevavo nella tesi (e che avevo già dimenticato) è che il rimando dell'occhio onnisciente, che spia e cerca di manipolare le masse (o comunque i propri interlocutori) lo si ritrova anche in HAL9000, il computer di bordo della Discovery (2001: Odissea nello spazio) che entra in crash per i due ordini contrapposti impostatigli dai suoi programmatori: il vero scopo della missione su Giove e l'imperativo di ubbidire agli ordini umani. Potremmo dilungarci sull'affascinante infrazione delle leggi della robotica stilate da Asimov ben prima del film Io, robot, ma non è questa la sede.
Tra l'altro, sempre in tema distopia, l'occhio come discriminante buoni-cattivi, controllori-controllati è centrale nel già citato L'ospite (foto sopra. L'iridescenza dell'iride era tratto distintivo tra le anime invaditrici e totalmente umani ribelli).



Le ultime due fazioni (più quella degli Esclusi, in cui confluiscono gli scarti delle altre) sono quella dei Candidi e quella dei Pacifici. A essere onesta, non erano oggetto della tesi e non ci ho pensato più di tanto (produrre 6 outfit diversi era già abbastanza impegnativo ma non vuol dire che non ci avessi ragionato comunque) 
Una bilancia che, al posto di essere perfettamente bilanciata, ha uno dei piatti che rompe l'equilibrio e un albero avvitato su se stesso come scosso da un violento uragano.

La bilancia è il simbolo della pazienza e della precisione (entrambe virtù che escludono la forza e la violenza e questo mi lascia pensare che la fazione non si schiererà come già i Pacifici, anche se per altre ragioni) e del tempo (il giorno contrapposto alla notte) è strumento trasversale per la pesa delle anime o del tempo a disposizione degli uomini.
L'asimmetrica è assai strana. La giustizia, per definizione, non dovrebbe piegarsi davanti a nulla e la pena è decisa proprio dal bilanciamento perfetto dei due piatti. Quindi... questo sbilanciamento mi lascia con la questione irrisolta.

Quanto all'albero...
Beh... potevano scegliere qualunque tipo di albero (e avrebbe rimandato comunque alla società), ma ne hanno preso uno che ricorda, nella sua simmetria verticale sembra rimandare all'albero cosmico, quasi un frassino. E tutti, chi più chi meno, conoscono Yggdrasil (oh, un frassino, appunto).
Meno noto è che questo simbolo (tante radici quanta chioma) sia ricorrente in tutte le culture: l'albero del bene e del male (sempre Adamo, avete presente?), della vita e della morte, del tutto. Non a caso i suoi adepti vivono in serena armonia con la natura e tra di loro in quanto tutti particelle equipotenti dello stesso universo. 

Ma fin qui ho parlato solo delle fazioni di Divergent. 
Perché, dunque, iscrivere una figura in un cerchio?
In realtà la risposta è alquanto banale, se vogliamo.
La forza del cerchio, infatti, sta nel fatto che è un segno grafico, unico nel suo genere, ottenuto con un unico segno e privo di alcuna spigolosità. Quello che gli va più vicino, è il simbolo dell'infinito. 
Il cerchio esprime il principio e la fine (ecco perché così ricorrente in simboli rivoluzionari), la perfezione (eccolo comparire in bandiere dei despoti nelle distopie e non solo per imitare la svastica nazista.), l'immortalità e la ciclicità (appunto, non vi è segno di cesura). E' l'omogeneità e l'armonia, in quanto non c'è differenza tra destra e sinistra (perciò gli si può comodamente sostituire il termine centro) o tra alto e basso: è l'armonia e la parità a cui i rivoluzionari, insoddisfatti, tendono e di cui i despoti si ritengono arroganti fautori tramite la coercizione. 
  
E' simbolo dell'anima (o meglio, rappresenta il cielo, che è perfezione ed è manifestazione del divino. Ed ecco anche la simbologia dell'aureola, in tutte le religioni che presentano una simile fenomenologia. Ma ci tornerò... e all'occasione vi spiegherò anche perché si parla di raggi di sole confusi con corna diaboliche...): ecco spiegata la circolarità del pane in tutte le culture (a partire dal pane simbolo dell'anima per eccellenza, l'ostia) e dei rosoni nelle cattedrali che sono, di tutte, le chiese più ricche si allegorie. Rosoni che, se li guardate bene, vedrete mooooolto simili ai mandala e alle ruote indù (la ruota, però, rappresenta l'universo, il moto perpetuo, anche se circolare, e il tempo, quindi, la permanenza nello stesso.).
E il fatto che Dio in persona, assista ora questa o l'altra parte, è cosa risaputa, no?
 
Ancora, al cerchio, per questo motivi, sono associati amore e amicizia (la fede e il girotondo.) e la devozione (non lo vorreste dal vostro 'capo'?), delimita uno spazio chiuso protettivo, quindi ecco che risulta molto accattivante e chi cura certe cose lo sa bene (non pensiate che i vari loghi, simboli, sloga non siano studiati sotto tutti i punti di vista).

In relazione al cerchio, come già detto, il centro, che rappresenta il cuore, l'ombelico, l'essenza, l'io e, di conseguenza, sia i sentimenti che la sintesi dell'oggetto in esame: è pratico, spiccio, onesto, pane al pane e vino al vino. 
Un rapido inciso, doveroso, va dedicato ai monili: le popolazioni asiatiche ricorrono ad anelli per purificare (cioè, tenere lontani gli spiriti maligni) i cosiddetti orifizi impuri...ma la stessa superstizione sulla protezione offerta da anelli-bracciali-collane era radicata anche in Europa che lo enfatizzava ulteriormente e, da semplici amuleti, questi oggetti si tramutavano in strumenti di potere: pensate all'anello dei Nibelunghi (e alle storie di Tolkien che prendono da quel ciclo).

Ancora, tra simbologia e numerologia, il cerchio e il numero 5 hanno molto in comune (fate caso a quando ricorrono insieme): il 5 è il centro di una croce (di 4 punti che corrisponde, a sua volta, alla posizione dell'uomo tra terra e cielo e i punti cardinali) ed è centrale tra le 9 unità matematiche (1,2,3,4 -5- 6,7,8,9. Lo 0 è assenza, non si conta come unità). 
Ancora una volta, l'uomo al centro. Ed ecco, anche, perché ricorre frequentemente nei simboli magici.

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